Riapertura Della Parte Carismatica Della Casa Madre

Cinquantatré anni dopo la nascita dell’Istituto le madri dovranno abbandonare l’unica casa che ha visto la nascita dell’Istituto, perché doveva essere demolita insieme con i vecchi edifici romani. In quelle circostanze tutto un quartiere era sconvolto per la comunicazione Un giorno il padre spirituale della comunità comunicò alla Madre: “Bisognerà che faccia il possibile per trovare altr’altra dimora, per non rimanere senza tetto”. Quello era il rione dove la Madre era nata, cresciuta, rione della sua vocazione e dell’incontro con padre Tommaso. Umanamente i ricordi risvegliano la nostalgia. 

In quei giorni le madri non si parlavano molto, si piangevano, ci si consolavano, ma soprattutto si pregava come aveva stabilito madre Elena, molto attenta perché la situazione non si tramutasse in panico. L’espressione della madre: non mi trovo né in Cielo né in terra, esprime non soltanto il suo stato d’animo di fronte al fatto di dover abbandonare la casa, ma di trovarsi in una condizione umana, di dover accettare che siamo fatti proprio così: né di cielo né di terra, ne mortale ne immortale. L’uomo è un perenne pellegrino, nomade chiamato di uscire dalla propria terra, sempre in ricerca di una terra migliore, terra promessa. Perciò quell’occasione poteva trasformarsi in un’opportunità spirituale che porterà le madri alla maturità, perché quando si deve abbandonare la sicurezza che offre la casa Madre terrena, si diventa capaci di fare della propria storia un capolavoro della spiritualità.

 

Quello sfratto per le prime madri era come una conferma divina dell’autenticità della loro vocazione. Bisognava arrivare a quell’umiltà che dice “io non mi trovo né in cielo né in terra”, per poi scoprire un cielo nuovo e una terra nuova. Chi viene illuminato attraverso la sofferenza del distacco per poter scoprire un cielo nuovo e una terra nuova, diventa cittadino del cielo e famigliare della Casa di Dio. Infatti, dopo quell’esperienza, M. Elena non si era mai attaccata alle cose terrene così da poter dire che neanche l’abito che indossava non era suo ma dell’Istituto.

Così dicono i fatti storici? Che alla fine dei conti, non c’era dubbio, una soluzione si sarebbe trovata. Mons. Sirolli aveva trovato una sistemazione provvisoria e dopo un gesto provvidenziale era venuto dal cardinale vicario che punto il dito sul quartiere di Testaccio. Un’altra sorpresa umiliante: li tra i cocci e spazzatura ammucchiata nei secoli, accanto ai poveri, ai senza tetto fuori legge, senza nessun edificio religioso. Solitamente quando si abbandona una dimora nasce la speranza di trovare una migliore. Invece qui c’è il contrario. Mentre nella via dei Falegnami, tra gli antichi monumenti c’era la vita pubblica, le chiese, a Testaccio la gente odiava la Chiesa e la nobiltà. Madre Elena coraggiosamente accetta la proposta:

La costruzione è stata avviata il 25 aprile del 1887. Rimaniamo stupiti immaginando M. Elena doversi occupare della vita spirituale della comunità e nello stesso tempo affrontare gli architetti e impiegati comunali per trattare con loro i prezzi e dei permessi. Ma lei si è dimostrata all’altezza del suo ruolo capace di trasformare quella tensione tra le cose terrene e le cose celesti in un tesoro spirituale. Mentre costruiva la nuova Casa Madre, ancor più si costruiva una comunità spirituale. Questo è il motivo per cui la Casa Madre è sacra, e deve essere rispettata nella sua sacralità. La casa madre è solo una! La Casa Madre è come un alveare dello sciame primario dal quale si sono formate le nuove colonie per produrre il miele spirituale dolce, nutriente e salutare. La Casa Madre è come il nido delle rondini dove loro tornano ogni anno per annunciare la primavera. La Casa Madre è il fondamento di un edificio spirituale sostenuto con molte preghiere e con i sacrifici. Le case generalizie possono essere tante e diverse, la Casa Madre una sola.

Ma per costruire questo profilo spirituale della loro nuova casa a Testaccio, le madri dovevano ancora subire molte prove. Appena entrate nella nova casa si sono accorte delle opere incompiute e fatte male. Solo due anni dopo il 23 aprile del 1891 con l’esplosione della polveriera a Porta Portese, anche la Casa Madre è diventata un cumulo di macerie. Madre Elena aveva settantasette anni e ha dovuto affrontare l’ennesima sfida, ma neanche questa volta si lascia vincere sodisfatta che le sorelle stanno bene. Ma le prove non erano finite e il prezzo della loro maturità spirituale era davvero caro. Ristrutturata la casa, il cardinale vicario chiese alla madre di ospitare nella loro nuova casa le Canossiane, rimaste anche loro senza tetto. Il cuore della Madre non ha esitato nell’ospitare un’altra comunità, ma in pratica la convivenza non era facile, per l’intromissione di alcuni monsignori. In fondo non si trattava di un’ospitalità per alcuni mesi, ma per un lunghissimo periodo (16 anni). M. Elena era già consumata dalle malattie ma ha saputo la presenza di un altro Istituto, sapendo che alla fine dei conti, nella vita nuova, avremo tutti un’unica casa che è il cuore di Padre.

La nostra casa Madre per decenni era il punto di riferimento per la gente di Testaccio: bambine, anziani, ammalati, parrocchia, prima chiesa di Testaccio. La Casa Madre ha conservato un sogno scaturito da un cuore materno che riposa qui accanto (nella cappella). Alcuni anni fa sembrava che questo sogno si sta spegnendo. Sembrava che di nuovo è scoppiata una polveriera. La demolizione della capellina nel primo piano, il bellissimo altare, le reliquie che probabilmente arrivarono dalla casa nella via dei Falegnami, il crocifisso trasportato dalla scala, ecc. Perciò dopo gli anni dolorosi che ha vissuto l’Istituto è un segno provvidenziale che la Madre Generale m. Donata, insieme con il suo consiglio hanno fatto per la Casa Madre. Anche se il peso degli anni si sente, ma si fa tutto il possibile per conservare la memoria delle proprie origini spirituali. Se si perdono quelle origini si arriva li dove si era arrivato prima del commissariamento dell’Istituto. Ora, aperte a costruire il futuro e adattandosi ai tempi nuovi si va avanti sapendo che anche sé ci sarà una sola Figlia della Divina Provvidenza a pregare sotto questo tetto, questo sarà sempre la Casa Madre:

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